venerdì 29 novembre 2019

L'EsserCi e il Nulla



Il rapportarsi al mondo che domina le scienze in quanto tali, fa sì che esse cerchino solo l'essente, per renderlo oggetto.

Ciò che deve essere indagato è solo l'essente, e oltre a ciò - niente.

La scienza non vuole sapere niente del nulla.

Che ne è di questo nulla?

Il nulla è la totale negazione della totalità degli essenti.

La negazione, però, è, secondo l'insegnamento mai intaccato della logica, un'operazione specifica dell'intelletto.

Ma esiste il nulla soltanto perchè vi è il non, cioè la negazione? Oppure è il contrario, cioè la negazione e il non esistono soltanto perché vi è il nulla?

Noi affermiamo: il nulla è più originario del non e della negazione.

Dove cerchiamo il nulla?

Quando non siamo veramente affaccendati con le cose e con noi stessi, l'essente ci assale in quanto totalità, per esempio nella noia propriamente detta.

La profonda noia, che si insinua negli abissi dell'esserCi, come un silente nebbia, riunisce cose, uomini e noi stessi in una strana uniformità. Tale noia manifesta l'essente nella sua totalità.

Tali stati d'animo (noia, angoscia, sogno etc.. - stimmung), in cui si "è" cosi' o così si fanno trovare - in quanto immersi in essi - in mezzo all'esserci nella sua totalità.

Ma proprio quando gli stati d'animo ci fanno trovare davanti all'essente nella sua totalità, essi ci nascondono il nulla che cerchiamo.

Tale avvenimento è possibile ed anche reale - seppure raramente e per attimi in quella disposizione fondamentale che è l'angoscia.

L'angoscia dinnanzi a ... è sempre angoscia per... ma non per questo o quello .. ma è l'impossibilità di una possibile determinazione. Nell'angoscia noi diciamo - "ci troviamo spaesati". Noi non siamo in grado di dire dinnanzi a cosa siamo spaesati. E' nella totalità che ci si sente così. Tutte le cose e noi stessi naufraghiamo in uno stato di indifferenza... nel senso che le cose e noi stessi si rivolgono nel loro allontanarsi da noi.

Tale allontanarsi dell'essente nella totalità, che ci circonda nell'angoscia, ci affanna. Non rimane alcun sostegno. Rimane soltanto e ci assale - in tale eclissarsi dell'essente - questo "alcuno".

L'angoscia rende manifesto il nulla.

Noi siamo sospesi nell'angoscia. Più precisamente: è l'angoscia che ci rende sospesi. poichè fa sì che la totalità degli essenti si eclissi.

Il puro esserCi, scosso da tale sospensione, in cui non può più appigliarsi a nulla, è ciò che rimane.

L'angoscia ci toglie la parola. Dato che l'essente nella totalità si eclissa e quindi è proprio il nulla a incalzare, dinnanzi ad esso viene meno ogni dire "è".

Che l'angoscia riveli il nulla, l'uomo stesso lo conferma immediatamente dopo la scomparsa di essa.

Ciò a cui e per cui ci siamo angosciati era - propriamente - "nulla". Il nulla medesimo, infatti, in quanto tale era là.

Attraverso la disposizione originaria dell'angoscia, noi siamo giunti all'avvenimento dell'esserCi in cui il nulla è manifesto - e dal quale esso deve essere interrogato.

Martin Heidegger, Che cos'è la metafisica - Estratti





venerdì 8 novembre 2019

Jung, Ramana Maharshi e il concetto del Se'


Ramana Maharshi chiama l'Arman Io-Io, indicando cosi' che il Se' e' esperito come soggetto del soggetto, come la vera sorgente e guida dell'Io che tende sempre (erroneamente) a impadronirsi di quell'autonomia che e' precisamente il Se' a suggerirgli.

Questo conflitto non e' sconosciuto all'occidentale, per il quale e' il rapporto dell'uomo con Dio. L'India moderna, posso affermarlo per esperienza personale, ha ampiamente assimilato gli usi linguistici europei: Se' o Atman o Dio sono essenzialmente sinonimi.

Ma il contrasto, o la coincidenza, Io e Se', ha un significato un po' diverso dall'occidentale "Uomo e Dio". Io, in contrapposizione a Uomo, e' un concetto tipicamente " psicologico", e cosi' pure Se' come noi lo intendiamo.

Potremmo quindi essere inclini ad ammettere che il problema metafisico Uomo-Dio si sia spostato, in India, sul piano psicologico; ma da un esame piu' attento risulta che non e' affatto cosi', poiche' il concetto indiano dell'Io e del Se' non e' realmente psicologico, ma - si potrebbe dire - altrettanto metafisico quanto quello di Uomo e Dio.

Manca all'indiano, come manca al nostro linguaggio religioso, il punto di vista della critica gnoseologica: egli e' ancora "prekantiano".

In India non esiste ancora una psicologia nel senso nostro del termine. L' India e' "pre-psicologica": quando cioe' parla del Se', pone un Se'. La psicologia non fa cosi'.

Non che neghi l'esistenza del conflitto drammatico, ma si riserva la poverta', o la ricchezza, d'ignorare il Se'.

Ben conosciamo una peculiare e paradossale fenomenologia del Se'; ma siamo consci del fatto che percepiamo con mezzi limitati qualcosa di sconosciuto e lo esprimiamo in termini di strutture psichiche, di cui ignoriamo se siano o no conformi alla natura di cio' che dev'essere conosciuto.


Dal punto di vista psicologico si puo' stabilire soltanto che l'empiria del Se' mostra una sintomatologia religiosa, cosi' come il tipo di asserzioni associati al termine "Dio".

Per l'indiano e' chiaro che il Se', quale originaria sorgente psichica, non e' diverso da Dio, e che nella misura in cui l'Uomo e' nel suo Se', non soltanto e' contenuto in Dio, ma e' Dio stesso. Ramana Maharshi non ha dubbi al riguardo.

Ma indubbiamente questa equivalenza e' un'interpretazione. Cosi' come e' interpretazione concepire il Se' come "bene supremo" o come meta di ogni desiderio e appagamento.

Se concepiamo il Se' come essenza dell'interezza psichica (cioe' come totalita' di conscio e inconscio), esso rappresenta effettivamente qualcosa di simile ad una meta di sviluppo psichico, e cio' al di la' di tutte le attese e le opinioni consce. Esso e' il soggetto di un processo che si svolge al di fuori della coscienza, sulla quale esercita una specie di effetto a distanza, unica manifestazione della sua presenza.

Un atteggiamento critico nei confronti di questo processo naturale ci permette di sollevare problemi che la formula Se'=Dio esclude a priori. Questa formula addita, quale inequivocabile meta religioso-etica, il dissolversi dell'Io nell'Atman, come risulta in modo esemplare nella vita e nel pensiero di Ramana Maharshi. Naturalmente questo vale anche per la mistica cristiana.

Conseguenza inevitabile ne e' il deprezzamento e la soppressione dell'uomo fisico e psichico (del corpo vivente e dell'aham-kara) a favore dell'uomo pneumatico.
Ramana Maharshi chiama per esempio il suo corpo "questo zoticone".

In contrasto con questo, e in considerazione della complessa natura dell'esperienza (emozione + interpretazione), il punto di vista critico ammette l'importanza del ruolo dell'io cosciente, ben sapendo che se non ci fosse quest'ultimo (aham-kara) non vi sarebbe nessuno al corrente di qualsiasi accadimento.

Senza l'io personale del Maharshi che, a quanto risulta dall'esperienza, esiste soltanto con lo "zoticone" (=corpo) di sua pertinenza, non ci sarebbe mai stato un Ramana Maharshi.

Anche se vogliamo ammettere con lui che non e' piu' solo il suo Io che parla, ma l'Atman, sono la struttura psichica della coscienza e cosi pure il corpo che rendono possibili le comunicazioni attraverso il linguaggio.

Senza l'uomo fisico e psichico, anche il Se' e' un'astrazione, come ha gia' detto Angelo Silesio:

So che senza di me
Dio non puo' vivere un istante
Se io venissi meno
Giocoforza gli sarebbe rendere lo spirito

Il carattere di finalita' del Se' presente a priori e l'impulso a realizzare quel fine sussistono, come gia' detto, anche senza la partecipazione della coscienza. Non e' possibile negarli, ma non si puo' fare neanche a meno della coscienza dell'Io. Anche questa impone perentoriamente le sue rivendicazioni, e molte volte, in opposizione aperta o velata alla necessita' del divenire Se'.

In realta', a prescindere da poche eccezioni, l'entelechia del Se' consiste in una via di compromessi senza fine in cui l'Io e il Se' si controbilanciano faticosamente in vista del bene comune.

Un'oscillazione eccessiva dall'una o dall'altra parte risulta un esempio di come non si debba fare.

Ogni cosa ha bisogno, per esistere del suo contrario, altrimenti diventa insignificante fino ad annullarsi.

L'Io ha bisogno del Se', e viceversa.

Jung, La via del Se'